venerdì 23 ottobre 2009

I delfini però lasciateli in pace :(

Fonte: Corriere della sera
http://www.corriere.it/animali/09_ottobre_21/delfini-taiji-tensioni-tokyo_78d08ffc-be2c-11de-9bc2-00144f02aabc.shtml

Era rimasta se­greta a lungo. Poi, la mattanza di delfini che si scatena ogni an­no a Taiji, Giappone meridiona­le, è entrata nel campo visivo degli ambientalisti. Quindi un documentario l’ha resa una cau­sa pubblica: si intitola The Co­ve, l’ha diretto lo svedese Louie Psihoyos che l’ha presentato in diverse rassegne cinematografi­che mondiali, dal Sundance a Deauville. Oggi l’atto definiti­vo: la pellicola verrà proiettata per la prima volta in Giappone, sala numero 1 del cinema Toho a Roppongi Hills, apertura alle 10.30, evento infilato in fretta e furia nel denso programma del Tokyo International Film Festi­val. Già ieri biglietti tutti esauri­ti.
Non è una «prima» come le altre. Per i cacciatori di delfini di Taiji, già furibondi per la campagna ecologista contro quella che difendono come una pratica ancestrale, il debut­to di The Cove sul suolo patrio è una provocazione. Gli orga­nizzatori della manifestazione sono stati presi di mira da lette­re, minacce, telefonate a raffi­ca. La produzione del film (bri­tannica) è stata avvertita che i pescatori di Taiji potrebbero bloccare l’ingresso del cinema o comunque inscenare qualche forma di protesta, mentre le au­torità della cittadina — nean­che 4 mila abitanti — si sono mobilitate a livello politico, chiedendo l’intervento solidale di un paio di ministeri. The Cove, una quindicina di premi in giro per il mondo, dà conto della campagna del con­servazionista americano Ric O’Barry per fermare il massa­cro di Taiji, del quale venne a conoscenza a metà degli anni Settanta. Almeno finché la cam­pagna non ha consegnato Taiji e i suoi pescatori all’attenzione degli ecologisti, tra settembre e marzo venivano uccisi circa 2 mila delfini, e altre decine cat­turate per essere vendute nei delfinari e negli acquari giappo­nesi ed esteri.

Quest’anno pare invece non ci siano vittime. La caccia era condotta con un mi­sto di tecnologia e sistemi ele­mentari, confondendo il sonar degli animali e conducendoli in una cala riparata (The Cove, appunto) dove con lame e fioci­ne si procedeva al macello. Le immagini dell’acqua rosso vi­vo avevano fatto il giro del mondo già prima del documen­tario, realizzato nonostante l’opposizione dei pescatori e delle autorità di Taiji. Le intimi­dazioni subite da O’Barry nel tempo sono state sperimentate poi dalla troupe guidata da Psihoyos, che ha fatto ricorso anche a cineprese camuffate da finte pietre e che rischia l’arre­sto per essersi inoltrato in zone off-limits durante le riprese.

Clicca per leggere l'articolo completo sul Corriere della Sera

Nessun commento:

Posta un commento

Coraggio, di' la tua!