Fonte: Corriere della sera
http://www.corriere.it/animali/09_ottobre_21/delfini-taiji-tensioni-tokyo_78d08ffc-be2c-11de-9bc2-00144f02aabc.shtml
Era rimasta segreta a lungo. Poi, la mattanza di delfini che si scatena ogni anno a Taiji, Giappone meridionale, è entrata nel campo visivo degli ambientalisti. Quindi un documentario l’ha resa una causa pubblica: si intitola The Cove, l’ha diretto lo svedese Louie Psihoyos che l’ha presentato in diverse rassegne cinematografiche mondiali, dal Sundance a Deauville. Oggi l’atto definitivo: la pellicola verrà proiettata per la prima volta in Giappone, sala numero 1 del cinema Toho a Roppongi Hills, apertura alle 10.30, evento infilato in fretta e furia nel denso programma del Tokyo International Film Festival. Già ieri biglietti tutti esauriti.
Non è una «prima» come le altre. Per i cacciatori di delfini di Taiji, già furibondi per la campagna ecologista contro quella che difendono come una pratica ancestrale, il debutto di The Cove sul suolo patrio è una provocazione. Gli organizzatori della manifestazione sono stati presi di mira da lettere, minacce, telefonate a raffica. La produzione del film (britannica) è stata avvertita che i pescatori di Taiji potrebbero bloccare l’ingresso del cinema o comunque inscenare qualche forma di protesta, mentre le autorità della cittadina — neanche 4 mila abitanti — si sono mobilitate a livello politico, chiedendo l’intervento solidale di un paio di ministeri. The Cove, una quindicina di premi in giro per il mondo, dà conto della campagna del conservazionista americano Ric O’Barry per fermare il massacro di Taiji, del quale venne a conoscenza a metà degli anni Settanta. Almeno finché la campagna non ha consegnato Taiji e i suoi pescatori all’attenzione degli ecologisti, tra settembre e marzo venivano uccisi circa 2 mila delfini, e altre decine catturate per essere vendute nei delfinari e negli acquari giapponesi ed esteri.
Quest’anno pare invece non ci siano vittime. La caccia era condotta con un misto di tecnologia e sistemi elementari, confondendo il sonar degli animali e conducendoli in una cala riparata (The Cove, appunto) dove con lame e fiocine si procedeva al macello. Le immagini dell’acqua rosso vivo avevano fatto il giro del mondo già prima del documentario, realizzato nonostante l’opposizione dei pescatori e delle autorità di Taiji. Le intimidazioni subite da O’Barry nel tempo sono state sperimentate poi dalla troupe guidata da Psihoyos, che ha fatto ricorso anche a cineprese camuffate da finte pietre e che rischia l’arresto per essersi inoltrato in zone off-limits durante le riprese.
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venerdì 23 ottobre 2009
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